Come già abbiamo avuto modo di considerare il caso di cronaca che coinvolge il deputato Aboubakar Soumahoro e sua moglie Liliane Murekatete consente di svolgere ulteriori riflessioni circa lo sfruttamento di lavoratori extracomunitari, anche alla luce del drammatico caso di cronaca relativo alla morte di Satnam Singh, con tutte le conseguenze in ordine alla confisca di beni aziendali strumentali alla commissione del reato.
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Caso di studio
In questo caso di studio i titolari di un’azienda agricola erano condannati per aver reclutato ed impiegato, in condizioni di sfruttamento, tre lavoratori extracomunitari per giornate lavorative pari a nove ore a fronte di una retribuzione inferiore ai tre euro l’ora.
Il ricorso degli imputati tendeva a contestare il concetto di sproporzione della retribuzione individuata dai giudici di merito, considerando solo quanto indicato dal contratto collettivo di categoria e l’importo effettivamente percepito dai lavoratori impiegati in azienda.
Cosa dice la Cassazione
La IVa sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 2573/2024, che si è soffermata anche su una pregevole illustrazione del ruolo costituzionale del concetto di “retribuzione”, ha chiarito quale fosse la condizione di sfruttamento interpretata attraverso uno degli indici previsti dall’articolo 603-bis, comma 3, numero 1 del codice penale, dato da confronto tra la retribuzione effettivamente versata ai braccianti e quella prevista dalla contrattazione collettiva per i lavoratori agricoli.
I vari indicatori delle condizioni di sfruttamento del lavoro elencati dalla norma delimitano il perimetro della nozione di sfruttamento del lavoro, con la precisazione che ciascun indicatore è sufficiente ma non necessario per definire la condizione di sfruttamento, in quanto la prova dello sfruttamento può derivare anche diversamente, in quanto l’elencazione non avendo carattere tassativo consente al giudice di individuarne anche di ulteriori purché si concreti l’assoggettamento a condizioni di lavoro cui si subisce l’imposizione.
In questa interpretazione assume posizione centrale il concetto di “retribuzione”, intesa come tutto ciò che è dovuto per la prestazione lavorativa non solo come complessivo trattamento economico di base ma anche come indennità a vario titolo corrisposte per la prestazione, estendendosi a qualsiasi forma di corrispettivo per un’attività lavorativa accettata in uno stato di bisogno, di cui approfitta una parte per la disparità di forza contrattuale, ancorché qualificato o simulato sotto altri tipi contrattuali. Pertanto, il termine si riferisce a qualsiasi corrispettivo sorto da un contratto avente ad oggetto una prestazione lavorativa pattuita approfittando dello stato di bisogno del lavoratore.
Conclusioni
In conclusione, è possibile affermare che non c’è proporzione tra retribuzione e lavoro prestato quando, tenendo conto di tutte le variabili che contribuiscono e determinare il corrispettivo della paga, l’importo non assicura al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera dal bisogno che lo ha costretto ad accettare quelle date condizioni di lavoro, pur sempre in presenza dell’approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore.
Pubblicato in data
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