La morte di Margaret Spada apre una finestra di riflessione sulle modalità di esecuzione di interventi di chirurgia estetica in assenza di condizioni minime per la tutela dell’incolumità del paziente, che possono essere causa di morte o anche di protrazione dello stato di malattia del paziente.
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Caso di studio
A due medici chirurghi specialisti in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, si rimproverava di aver cagionato nella paziente lesioni personali consistite in un disformismo del volto con esito cicatriziale sulla guancia sinistra ed un lieve lagoftalmo bilaterale.
In particolare, al primo dei chirurghi si contestava di aver omesso di procedere ad un tempestivo intervento di revisione delle zone zigomatiche in seguito a ripetute iniezioni di filler che determinavano un rigonfiamento e indurimento dei tessuti molli del viso della paziente protraendo il periodo di invalidità transitoria della stessa per circa un anno.
Intervento chirurgico che il medesimo chirurgo eseguiva successivamente in qualità di primo operatore, con l’ausilio dell’altro collega in veste di secondo operatore, all’esito del quale, l’errata procedura chirurgica procurava alla paziente una lesione delle terminazioni nervose con conseguente compromissione dei rami sensitivi della guancia e del perilabio, e successiva infezione sulla guancia.
Cosa dice la Cassazione
La IVa sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 8171/2022 si è occupata del nesso causale tra le condotte omissive dei chirurghi estetici e le lesioni del paziente.
La cassazione ha censurato la decisione della Corte di appello di assolvere i chirurghi, in quanto, i giudici di secondo grado non hanno individuato correttamente il nesso causale tra la complicanza insorta durante l’intervento chirurgico e la malattia del disformismo del volto sofferto dalla paziente. La Corte di appello, infatti, ha escluso la presenza di un collegamento tra il ritardo nella risoluzione della complicanza sorta all’esito dell’intervento chirurgico e la protrazione del periodo di invalidità transitoria della paziente.
Al contrario, secondo la Suprema Corte è proprio la protrazione dello stato di malattia cui il chirurgo estetico avrebbe dovuto porre rimedio l’evento causato dalla sua condotta nella prima fase di gestione del paziente.
Ricorda la cassazione, che la protrazione di uno stato di malattia costituisce indubitabilmente un aggravamento delle condizioni di vita della persona, compresi anche gli aspetti psicologici e quelli correlati alla vita di relazione sociale.
Il nesso causale, quindi, nel caso in esame, investe il rapporto tra il ritardo nell’ esecuzione dell’intervento chirurgico tempestivo e la protrazione della malattia che poi evolverà, anche per la successiva complicanza, nel disformismo del volto.
Conclusioni
In conclusione, è possibile stabilire una responsabilità penale per lesioni personali aggravate per il chirurgo che differisce lo svolgimento di un intervento chirurgico tempestivo che, sebbene non vada a migliorare significativamente il quadro clinico, riduca il periodo di invalidità provvisoria del paziente.
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