Rifugio per cani: ricade sul gestore di fatto l’obbligo di garantire la sicurezza dei volontari impiegati

Spetta a chi assume il ruolo gestionale effettivo del rifugio garantire la sicurezza dei volontari, anche in assenza di un rapporto di lavoro formale.

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Caso di studio

Il gestore di fatto del rifugio amatoriale per cani veniva condannato per il reato di lesioni personali gravi per avere omesso di provvedere per i volontari operanti nella struttura un’adeguata formazione e informazione in merito ai prevedibili rischi connessi allo svolgimento quotidiano dei servizi di cura ed accudimento dei cani pericolosi per l’integrità fisica dei volontari; nonché di avere omesso di dotare la struttura degli idonei dispositivi di protezione individuale.

In particolare, l’incidente si verificava durante il trasferimento di un cane di razza pitbull particolarmente aggressivo dalla gabbia al recinto di sgambamento, quando una volontaria veniva gravemente ferita dall’animale riportando il maciullamento dell’arto superiore sinistro e una profonda lesione al destro.

Cosa dice la Cassazione

La IVa sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 25756/2024, ha confermato la responsabilità penale del gestore del rifugio per animali.

Riguardo la posizione di garanzia, la cassazione ha stabilito che proprio il ruolo dirigenziale svolto dall’imputato rispetto all’attività della struttura gli imponeva l’obbligo di adottare misure di prevenzione e sicurezza anche nei confronti dei volontari, indipendentemente dall’esistenza di un contratto di lavoro subordinato.

Inoltre, ha precisato la Suprema Corte, la titolarità della posizione di garanzia è assunta anche nei confronti di chi presti, anche occasionalmente e su base volontaria, il lavoro all’interno della struttura rispondendo delle eventuali lesioni personali cagionate dall’omessa adozione delle misure necessarie a prevenire gli infortuni sul lavoro.

Il rispetto delle norme antinfortunistiche, quindi, esula dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, essendo riconosciuta la tutela anche in casi di lavoro prestato per amicizia purché la prestazione lavorativa sia effettuata in un ambiente che si possa definire di lavoro.

Nel caso in esame, il datore di lavoro era tenuto a formare i collaboratori volontari sullo svolgimento in sicurezza delle attività operative, provvedere ad individuare ed eliminare, per quanto possibile, o comunque ridurre i rischi riguardo all’attività svolta, nonché fornire ai volontari dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali sono chiamati ad operare e ad adottare le misure di prevenzione e di emergenza in relazione alle rispettive attività.

Conclusioni

In conclusione, anche in assenza di un rapporto lavorativo formale, chi esercita un potere gestionale effettivo è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire rischi e infortuni di tutti i soggetti coinvolti nelle attività operative, inclusi i volontari.

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