Medico del 118: indebolimento cardiaco permanente e responsabilità professionale

Il medico del 118 che con la sua negligenza determina un indebolimento cardiaco è responsabile del danno, dovendo rispondere oltre che a titolo di imperizia anche a titolo di negligenza.

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Caso di studio

Al medico operatore del 118 si rimproverava di aver determinato l’indebolimento permanente dell’apparato cardiocircolatorio del paziente, in quanto, in presenza di sintomi che potevano far presagire un infarto miocardico, si limitava alla sola verifica della pressione del paziente senza sottoporlo ad elettrocardiogramma o procedere al ricovero d’urgenza in ospedale.

Ricovero che si rendeva necessario il giorno seguente per una cardiomiopatia dilatativa ischemica e severa disfunzione sistolica con conseguente applicazione di un impianto ICD monocamerale in prevenzione primaria.

Cosa dice la Cassazione

La IVa sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19946/2023 ha formulato delle considerazioni in tema di omessa diagnosi differenziale.

Il medico ricorrente, negava una sua responsabilità circa il verificarsi dell’evento evidenziando una serie di concause che contribuivano al verificarsi delle complicazioni cardiache: l’assenza della strumentazione a bordo dell’ambulanza per poter effettuare un elettrocardiogramma, il rifiuto del paziente di farsi accompagnare in ospedale, l’imprevedibile scelta di non seguire le indicazioni terapeutiche indicategli, nonché l’inevitabilità dell’evento anche il paziente avesse ricevuto un trattamento più tempestivo.

La cassazione ha confermato il giudizio di gravità della condotta per non aver formulato una diagnosi differenziale sebbene i sintomi del paziente fossero compatibili con una sofferenza cardiaca.

La Suprema Corte ha stabilito che gli ulteriori elementi, che astrattamente avrebbero potuto contribuire a determinare l’insufficienza cardiaca del paziente, non erano idonei ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del medico proprio perché non inseriti nel processo di insorgenza della patologia.

La stessa resistenza del paziente a sottoporsi ad ulteriori approfondimenti clinici risulta essere dipendente dalla condotta del sanitario nell’avere omesso di formulare una diagnosi alternativa che, se corretta, avrebbe posto il paziente nella condizione di operare una scelta diversa o quanto meno più consapevole.

Conclusioni

In conclusione, il medico risponde per imperizia nell’accertamento della malattia, e per negligenza per l’omissione di indagini necessarie, quando in presenza di una sintomatologia idonea a porre in essere una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su una diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle ulteriori informazioni pervenutegli, omettendo di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente.

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