Invio al Pronto Soccorso: responsabilità in cooperazione dei medici per omessa diagnosi

L’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

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Caso di studio

I medici erano stati chiamati a rispondere per l’omicidio colposo del paziente il quale visitato dal primo sanitario era stato semplicemente inviato al Pronto Soccorso, ove il secondo sanitario non aveva rilevato un aneurisma all’aorta.

Le difese dei ricorrenti erano incentrate, da un lato, sull’assenza di un legame psicologico tra le condotte dei due medici e, dall’altro, sull’inevitabilità del decesso a causa delle gravi patologie.

Cosa dice la Cassazione

La IVa sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15786/2023, ha confermato le statuizioni di condanna facendo leva sul profilo di negligenza di entrambi i medici, i quali hanno omesso di approfondire la situazione clinica del paziente e di formulare una corretta diagnosi.

La cassazione, ha stabilito che per poter giungere ad un giudizio di cooperazione colposa dei medici è sufficiente che questi non abbiano approfondito la situazione clinica del paziente e la formulazione di una diagnosi corretta, dovendo essere entrambi i sanitari consapevoli della condotta reciproca di ciascuno.

La cooperazione colposa, infatti, non sussiste soltanto quando più sanitari operano congiuntamente, ma anche quando gli stessi operano in un contesto di successione temporale, con un subentro nella posizione di garanzia.

Salvo che la condotta di ciascuno sia tale esclusivamente riferibile all’ambito specialistico di sua competenza, tale da interrompere il nesso di causalità.

Conclusioni

In conclusione, risponde di omicidio colposo per imperizia nell’accertamento della malattia, e per negligenza per aver omesso di effettuare le indagini necessarie, il medico che in presenza di una sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale rimanga arroccato su una diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dall’anamnesi ed ogni altra notizia pervenutagli, ometta di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente.

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